(…) C’è l’idea del sogno, la libertà dell’immaginazione che mescola quell’alfabeto di segni oltre ogni tentativo di ordinamento. Questo duplice pensiero si dispiega soprattutto attraverso opere d’incisione, dall’acquaforte all’acquatinta, fino alla cosiddetta maniera nera e alle carte ruvide e porose, lavorate con acidi e conseguentemente con pastelli, appese senza cornici, come fogli di un quaderno dell’anima aperto sul muro. Simboli di vita e animazione raccolti in superfici composte da fitti e intricati segni, o liberati in spazi chiari e aleatori, ammiccano alla relazione macro-micro fra cosmo e genetica, mentre simboli astratti, figurine umane germinali, dal volto puntuto o dalla silhouette minimale, affiancate a frammenti più descrittivi di volti, inscenano invece quell’universo umano che, teso fra il detto e il non detto, s’insinua nella relazione che la Danelone affronta attraverso l’idea dell’alfabeto, con la sua sottesa volontà di comunicazione, e l’idea di sogno, che invece contiene la dimensione della sensorialità.
Sabrina Zannier, curatore e critico d’arte, Udine 2007
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