(…) Tutti i lavori di Olga Danelone registrano la costante presenza di … tessere sparse sulla superficie, cromaticamente sature e coprenti, o trasparenti al punto da restituire la piena lettura della stesura di fondo. Macchie o, meglio, cellule vaganti, elementi di disturbo, di interferenza tra l’artista e il mondo, minute particelle destinate a lasciare il proprio territorio di appartenenza per invadere quello concomitante, quasi registrando la mobilità dello sguardo, il repentino rimbalzo da un luogo all’altro, per oltrepassare la linea dell’orizzonte, anch’essa mero pretesto per una dialettica che sottolinea il tentativo di fuoriuscita dal luogo.
Queste cellule, che punteggiano ogni dipinto dinamicizzando la superficie e dotandola di una sorta di corrente, di circuito che tende a collegare le diverse zone rappresentate, suggerendo il principio della simultaneità, trovano poi ulteriore viluppo in una ricerca appena abbozzata: le strutture formate da tre elementi irregolari, in cui il supporto stesso diventa cellula, questa volta fuoriuscita dai limiti della superficie pittorica, per ridefinirne un’altra, con l’aggiunta di nuove implicazioni spaziali.
Sabrina Zannier, curatore e critico d’arte, Udine 1994
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