Il segreto della forma sta nel fatto che essa è confine;
essa è la cosa stessa
e, nello stesso tempo, il cessare della cosa,
il territorio circoscritto in cui
l’Essere e il Non-più essere della cosa
sono una cosa sola. (George Simmel)
(…) La cifra essenziale delle immagini di Olga Danelone. Un dedalo inestricabile, un accumulo di linee-cirri che somigliano a uno sfilacciato e liso tessuto o al gioco del Mikado. Il tutto rimanda a una percezione della conoscenza frutto della casualità e delle relazioni spazio-temporali che, come scrive Enrico Bellone, in I corpi e le cose, si realizza “grazie a processi che avvengono nei nostri corpi e che, nella stragrande maggioranza dei casi, sfuggono completamente alla nostra consapevolezza” in quanto sono dipendenti dalle sensazioni che riceviamo nell’esplorare l’ambiente e la descrizione” che abbiamo di quest’ultimo, “insieme alla folla di comportamenti che ciascuno esibisce per adattarsi alla propria nicchia”.
Questo in superficie, ma se si analizza l’andamento franto delle linee, le corrispondenze tra i pieni e i vuoti, la calcolata simmetria tra i sottili e nervosi cirri lineari, l’alternanza dei colori si ha sùbito la sensazione di trovarsi di fronte a un sottile gioco di intelligenza. E quello che ci è apparso come un divertito passatempo, diventa processo, andamento del pensiero che, pur nella sua apparenza asistematica, rincorre una propria matura visione interiore. (…)
Gerardo Pedicini, poeta, writer e critico d’arte, Napoli 2007
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